I FUTURI CAMPIONI

I FUTURI CAMPIONI

Molti bambini e adolescenti praticano sport. Lo sport porta con sé dei valori educativi al fine di correggere fenomeni di devianza sociale, mancanza di comunicazione con i propri coetanei, rispetto delle regole, emarginazione, etc., Spesso si sente che squadre blasonate sono al seguito di talenti, disposti a tutto pur di “allevare” il promettente campione, è il caso di Messi, o di quel bambino messicano le cui gesta tecniche di un ragazzino di 10 anni, messicano, considerato un autentico prodigio nel mondo del calcio, hanno visto società come il Barcellona ed il Milan stabilirsi già sulle sue tracce, nel tentativo di appropriarsi il cartellino ed il futuro del giovane. Spesso sui giovani si pongono aspettative ed attenzioni, creando notevoli pressioni, difficili da sostenere, seppur bravo ed altamente promettente.

Un bambino ha bisogno di giocare, divertirsi, muoversi, seguendo un percorso formativo che lo faccia gradualmente diventare un ragazzo e poi un uomo. Anticipare i tempi, e trattandolo da adulto, colmandolo di responsabilità e pressioni, può fargli male, magari non subito, ma probabilmente a lungo termine. La storia dello sport è colma di casi di giovanissime promesse poi scomparse o “bruciate” nel giro di pochi anni. Le società calcistiche di alto livello, che sono sicuro hanno alle spalle professionisti seri e preparati, dovrebbero salvaguardare le giovani promesse, evitando di sviluppare attorno a loro aspettative e responsabilità che li “brucino” anzitempo.

Il rischio è che se i bambini vengono trattati come “piccoli adulti”, adulti lo diventeranno non completamente, o perlomeno con disagi evidenti e ripercussioni sulla propria autostima e personalità.

Sviluppare un programma di lavoro a lungo termine, dove i settori giovanili siano seguiti da allenatori e dirigenti illuminati, e da psicologi preparati, è
l’unica strada a mio avviso percorribile per ricostruire un settore calcistico sempre più dominato dalla frenesia di vittoria e di ricerca di giovani promesse che stentano invece ad arrivare. Formare uomini, prima ancora che calciatori, dovrebbe essere l’imperativo di qualsiasi società calcistica (e non) che si rispetti. Solo in questo modo è possibile formare, laddove vi sia anche talento, futuri calciatori professionisti, dotati di una personalità ben sviluppata e pronta ad affrontare le difficoltà della vita e dello sport professionistico.

La cultura che vige è la cultura della vittoria, giusta quando si parla di professionisti ben pagati, ma per alcuni, sbagliata quando si parla di giovani, anche se, a mio avviso, è importante creare nel bambino questa mentalità vincente, poiché quando sarà uomo, dovrà affrontare le molteplici difficoltà che la vita gli pone, e se questa robustezza psicologica è predisposta, i problemi saranno superati con semplicità.

Credo quindi che si divertimento, si gioco, si miglioramento nella socializzazione, ma senza esasperazione creare una giusta e sana mentalità vincente ne diviene parte integrante della mentalità di un bambino.

Nella mia esperienza nel settore giovanile, di una blasonata squadra di calcio, ho notato come gli adolescenti, ragazzi della Primavera, sviluppando una mentalità vincente in campo, riuscivano ad affrontare i problemi fuori dal campo, tra cui la scuola, le problematiche che creavano loro disagio, ma anche quella disciplina che veniva fuori prima di affrontare una gara. Ho visto piangere dei ragazzi per aver perso una partita, ma avere una capacità di ripresa interiore velocissima, ho visto grandi istruttori ed educatori che portavano a casa loro i bambini-calciatori per fare una torta o una pizza, il punto è Si creare in loro una mentalità vincente MA RISPETTANDO LE REGOLE, No spingerli ad ottenere la spasmodica vittoria senza rispettarle.